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Quando una Scuola chiude

Quando una scuola chiude

Ore 13:30 del 20 Dicembre: a via Balbo di Scauri suona la campanella, e circa 300 bambini della scuola elementare e dell’infanzia escono ordinatamente. Sono felici: le vacanze iniziano, la scuola chiude. Già, chiude, ma non si sa se e quando riaprirà. Vedo mia figlia avvicinarsi, trascinando lo zaino: “Papà prendilo tu, è troppo pesante. La maestra ci ha detto di portare via tutte le cose che avevamo nell’armadietto”, dice. “Sembra uno sfratto”, penso subito. Mi volto: la Chiesa di S. Albina sembra assistere tristemente. Qualche giorno prima i ragazzi si erano radunati lì per pregare in attesa del Natale. Nella piazza adiacente un gruppetto di genitori discute animatamente, mentre una nonna con in mano il nipotino entrano nel vicino supermercato per una fugace spesa. Allungo lo sguardo e vedo il panificio, dove ogni mattina una folla di bambini compra la “pizzetta”, e più in là la cartolibreria, la cui attività invernale è in gran parte legata alla scuola. Ma come si è arrivati a tutto ciò? Le voci sull’ipotetica pericolosità dell’edificio scolastico circolano da tempo ma di recente sono diventate pressanti, a seguito delle richieste della dirigente scolastica e dell’opposizione consiliare. Per fare chiarezza, il Comune ha incaricato un tecnico per fare verifiche approfondite, oltre quelle previste dalla legge, ma ciò comporterà la chiusura temporanea del plesso. Forti sono state le proteste dei genitori per i conseguenti disagi: alcuni hanno manifestato, altri si sono recati nella sala consiliare dove sono state decise le sorti della scuola. Le classi verranno momentaneamente distribuite tra 4 plessi presenti sul territorio, con trasporto a carico del Comune: il tutto in attesa della fine delle verifiche, che dovrebbe avvenire entro l’anno. Ce lo auguriamo davvero, perché la chiusura e lo smembramento della comunità scolastica al centro di Scauri non è solo un problema logistico ma ha soprattutto forti ricadute sul tessuto sociale ed economico di tutto il territorio.

 

Articolo comparso su “l’Avvenire” del 30/12/13

il Pendolare e il Macchinista

Ogni giorno all’alba

un pendolare si sveglia,

sa che dovrà correre in stazione o perderà il treno.

Ogni giorno prima dell’alba

un macchinista si sveglia,

sa che dovrà cercare di correre, anche se il treno che guida perde i pezzi per strada.

Ogni giorno in Italia,

non importa che tu sia un pendolare o una macchinista

l’importante è che cerchi di arrivare in orario

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Minturno – Scauri, ore 6:20 a.m.

Minturno,  una giornata qualunque di maggio, ore 6:20 La stazione di Minturno – Scauri brulica di gente. Una buona parte di questa, prenderà il treno per Napoli Centrale. Facendo un rapido conto, mi sembra di vedere circa 100 persone sul binario, più diverse altre appollaiate sopra le scale. Il treno per Napoli delle 6: 24 è insolitamente puntuale. Anzi, quasi puntuale, poiché porta solo 3 minuti di ritardo. “Siamo in Italia, quindi è in orario” sento qualcuno dire dietro di me, come se mi avesse letto nel pensiero. In ogni caso, arriverà prima del mio treno, previsto per le 6:23 e in ritardo di 5 minuti, così come recita il sito “viaggiatreno” che consulto dal mio cellulare, nella speranza che sia sincronizzato con il database di trenitalia … perché – capita anche questo a noi pendolari – si può perdere un treno perché ci si è fidati dei ritardi dichiarati in tempo reale sul sito “viaggiatreno”. Mai fidarsi dei siti di trenitalia, l’ho imparato sulla mia pelle. La gente sale sul treno per Napoli, che riparte con un po’ di difficoltà alla volta del capoluogo Partenopeo. Restiamo sul binario in sessanta persone circa: avevo sottovalutato i pendolari Romani, evidentemente, oppure qualcun altro è arrivato all’ultimo momento: è prima mattina, qualche minuto di sonno in più, non guasta mai. “Sta arrivando la gente del 6:30” sento dire invece alle mie spalle: era quella la ragione della piccola folla. Il “6:30” o “2380” per i tecnici, è denominato anche il “treno sfigato”. 1 ora e 54 minuti se tutto va bene per arrivare a Roma Termini. Fa tutte, ma davvero tutte le fermate, e viene sorpassato da qualunque treno: una volta anche (non è una battuta) da un treno merci. Accadde  a Torricola, alle porte di Roma, quando già ci sembrava di veder comparire la capitale all’orizzonte. La gran parte dei pendolari presenti sul marciapiede sono insegnanti, ma ci sono anche tanti militari, e diversi altri professionisti. Poi c’è qualche genitore che raggiunge i propri figli a Roma, e qualcun altro, soprattutto anziani,  che raggiunge i propri cari ricoverati negli ospedali della capitale. Il treno che prenderò è il “2416”, ed è uno dei famosi “interregionali” che fermano a Minturno – Scauri da un paio d’anni, grazie ad una petizione che, fortunatamente, ebbe un notevole successo e fu “ascoltata” da chi di dovere. In teoria, con 1 ora e 30 sarò a Roma. Da quando il treno ferma a Minturno, ogni giorno però sembra perdere una carrozza e per questo diventa sempre più affollato. Tra noi pendolari, scherziamo sul fatto che prima o poi vedremo arrivare solo il locomotore cavalcato dal capotreno. Il “2416” passa davanti a noi e i freni stridono. Allunghiamo lo sguardo: sono poche carrozze, tanto per cambiare. Insieme al mio gruppetto di amici pendolari, getto uno sguardo per cercare di capire in quale carrozza ci sono più posti liberi, se ce ne sono. C’eravamo posizionati “lato Napoli” ma, manco a dirlo, qualche posto è nella seconda carrozza “lato Roma”. “Ci sono troppi posti: probabilmente quella carrozza ha qualcosa che non va” scherzo (ma non troppo), con i miei amici, mentre insieme a loro corro verso l’estremità nord del marciapiede, inseguendo i fantomatici posti liberi. “Credo che sia la stessa carrozza di ieri, ha i finestrini rotti” mi risponde uno dei miei amici. Il treno si ferma, ma le porte non si aprono. I colleghi pendolari dall’altra parte del finestrino, ci guardano sconsolati: il treno era puntuale (secondo i canoni Italiani), ma ora, per “colpa” delle porte, resterà fermo alla stazione di Minturno per almeno 10 minuti, passati i quali  finalmente ci farà salire.. Forse. Nel frattempo, inizia a piovere. “Non sono ancora partito per Roma, e già sono stanco” penso tra me e me. Alfonso Artone Pubblicato su Minturnet