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Tufo di Minturno: alla ricerca del cromosoma perduto


Ricercare le proprie origini scavando nella memoria dei propri cari, può essere a volte fondamentale per ricostruire il puzzle storico del nostro territorio e per far venire a galla tanti eventi ed accadimenti storici che sono stati ignorati o sottovalutati dai manuali storici, e che invece hanno determinato quella che è oggi la nostra società civile. Proprio per questo ho pensato di condividere con voi, in questo blog, la scoperta dei miei cromosomi Minturnesi che, mescolati a quelli Gaetani, Formiani ed Avellinesi e forse un po’ Calabresi e Romani sono sicuramente i principali responsabili di quel regalino che è stato donato quasi 38 anni fa ai miei genitori e che hanno dovuto con cura plasmare ed educare per determinare la mia personalità odierna.

Molti miei cromosomi, almeno un quarto appunto, appartengono infatti a questa terra, ed in particolare a Tufo di Minturno. Mia nonna  – madre di mio padre Dino Artone  –  era di Tufo e si chiamava Palmina Tucciarone, figlia di Egidio Tucciarone, sempre di Tufo. Suo fratello, l’Ammiraglio Ispettore Tucciarone Alessandro Pio  (che qualche vecchio del luogo forse ancora ricorda)  è stato probabilmente il più alto ufficiale nato nel nostro Comune e limitrofi. Infatti egli – che era anche Ingegnere navale e aveva comandato sommergibili – diventò Ammiraglio Ispettore della Marina, cioè due gradi più su del generale. Poi, fra i tre papabili da nominare a Capo di Stato Maggiore della Marina in Italia, egli non fu scelto solo perché la norma prevedeva che fosse il più anziano dei tre, mentre lui era il più giovane.

Nonna Palmina ci raccontava che solo lui, dei quattro figli di Egidio, fu mandato a studiare con notevoli sacrifici. E quando venne la lettera dall’Accademia Navale di Livorno, in cui si diceva che il giovane Alessandro Pio era stato il primo in graduatoria a entrare nella prestigiosa Accademia, sua mamma lesse nella piazzetta centrale di Tufo la lettera pervenuta dal Direttore dell’Accademia. Infatti lei, la mia bisnonna Maria Càrmina, era per così dire la “letterata” del paese, perché era tra i pochi a saper “leggere e far di conto”, avendo fatto – pensate – tre anni di scuole elementari a fine “Ottocento”!  Cosicché era lei che leggeva e scriveva per conto di tutti le lettere per i soldati di Tufo, durante la Prima Guerra mondiale.

A proposito, al fratello di mia nonna – Alessandro Pio Tucciarone – era stato dato il nome di Alessandro perché un Don Alessandro Tucciarone  (fratello di Ignazio, nonno di Egidio, padre di mia nonna Palmina), era stato una delle figure più famose della Storia di Tufo (che è di circa un millennio). Infatti quel sacerdote  si era comportato da grandissimo eroe durante il colera del 1837, in cui morirono 816 cittadini del Comune di Minturno, salvando diecine di vite e restando incolume lui solo per un vero miracolo; e nel 1839, in veste di parroco della chiesa di S. Leonardo, in una supplica inviata al Regno delle Due Sicilie attraverso il Marchese don Giovanni d’Andrea, chiese aiuto per l’estrema miseria in cui era ridotto il paese, e riuscì ad avere la donazione – per Tufo –  di due grandi tenimenti, quello di Santa Cristina e quello di San Marco. Un pezzo di questo tenimento a San Marco, alcuni decenni dopo, diventò poi di proprietà del mio bisnonno Egidio Tucciarone. (nonno cioè di mio padre).

E comunque, la famiglia Tucciarone era, qui in Tufo, imparentata anche con i Fusco, i Carcone, i Rasile, i Tambolleo, gli Sparagna, e con i Mazzucco… È  nostra lontana parente, infatti, Melania Mazzucco – Premio Strega 2003 con Vita  – figlia di Roberto, scrittore e commediografo nativo di Tufo; è anche nostro parente il famoso Don Domenico Tambolleo, nato a fine Ottocento, sacerdote missionario in Argentina, nonché scrittore e poeta,  docente di Patrologia, Lettere e Storia, e autore – tra l’altro – delle famose Odi Mintunesi. Come pure era nostro parente l’ancora più famoso Cristoforo Sparagna, scrittore, poeta, scultore e pittore, vincitore anche di Premi Nazionali di poesia, riportato in testi di  Letteratura Italiana di Dolci, finalista del Premio Bagutta  – a metà degli anni Trenta – e autore di numerose opere, anche in latino e greco antico, oltre che in dialetto traettese, tra cui ricordo i Canti traittìsi e un sunto della Divina Commedia, anch’essa in dialetto.

Spero che questo mio piccolo contributo stimoli ognuno di voi a tirar fuori il proprio pezzo di questo immenso puzzle che è la storia del nostro territorio:  è solo riscoprendo le nostre radici e facendo esperienza del nostro passato, che potremo costruire, sulla base solida della conoscenza, un futuro migliore.

Articolo comparso su Minturnet il 19/06/2012