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l’informaticoso

L’INFORMATICOSO: chi è costui??

tratto dal sito www.infomaticoso.net

L’informaticoso è una categoria ben definita di persona, che pian piano sta prendendo il sopravvento nella società degli anni dieci (2010 – 2020)

E’ colui per il quale l’informatica non è né una scienza, né una materia.

Non è un mezzo per poter interagire con il mondo, né uno strumento per poter crescere professionalmente e culturalmente.

Non si può neppure dire che per l’informaticoso, l’informatica sia il suo pane quotidiano, o che sia “competente” in tale settore.

Ma allora chi è questo ”benedetto” informaticoso? Forse qualcuno che odia tutto ciò che ha a che fare con i pc, le reti ed internet?

Nient’affatto: l’informaticoso non può interagire con l’informatica né usarla, e forse neppure valutarla: perché l’informaticoso è l’informatica stessa.

Il suo “IO” è talmente impermeato da questa scienza, che è diventato praticamente impossibile distinguerli l’uno dall’altra.  Nella sua vita i confini tra la realtà e la virtualità sono diventati talmente sfumati da apparire indistinti. Per i comuni mortali, comprendere il suo linguaggio, anche quando parla del più e del meno,  è estremamente complicato: il suo vocabolario quotidiano è composto in gran parte dai linguaggi di programmazione più avanzati e future applicazioni nel settore dell’elettronica ,delle biotecnologie e della cyber-informatica.

Non si deve pensare però che l’informaticoso sia una persona chiusa nel suo iper-mondo. Al contrario: è una persona gioviale e spiritosa. Ad esempio è colui che chiama con nomignoli affettuosi o irridenti i principali sistemi operativi (Windows ad es è “Winzozz”) e che mentre tutti passano a “windows 8” da “windows 7” lui se la ride perché sta già sta valutando Ubuntu 20.45.3 in versione gamma 3 (alias beta 45) e il nuovo “Google Chrome OS” 4.5.

L’informaticoso è tutt’altro che brutale, anzi: è  anche un po’ “chic”, al punto da considerare “vintage” un normale “PC desktop” con “lettore DVD”  o una consolle di penultima generazione ma “perfettamente funzionante”. L’informaticoso spesso ama leggere (preferibilmente un avvincente thriller in e-book su Kindle o I-Pad), ma non ricorda neppure se per scrivere da bambino  impugnava la penna con la mano destra o con la mano sinistra. Anzi, probabilmente, ha imparato a scrivere direttamente sulla tastiera.

Contrariamente quanto si potrebbe pensare, l’informaticoso è tutt’altro che un tipo sedentario. E’ sportivissimo. La mattina fa costantemente Jogging, e ha cura di monitorare e confrontare i suoi dati biometrici a mezzo palmare con web 3.0 e connessione wimax. Quest’ultima gli consente di interagire con il suo archivio cronologico – fitness online. Gioca pure a calcio, basket, sci e tennis dove non manca di distinguersi per la sua bravura: è più facile e rapido muovere un arto che premere il pulsante di una antiquata consolle, peggio ancora se con out-datato sensore di movimento.

Interagire con gli informaticosi, non è dunque impresa semplice. Ci proveremo con questo sito, www.informaticoso.net.

Dedicato a tutti quelli che si identificano con la scienza dell’informatica.

O più semplicemente, a tutti quelli che aspirano a diventare… informaticosi!

Always on

Per tutti quelli a cui capita più spesso di essere  “non al computer” che di non essere al computer.

Per tutti quelli a cui capita più spesso di rispondere ad un amico o ad un collega su msn, su facebook o via mail anziché di persona.

Per tutti quelli che hanno msn anche sul cellulare e, se non lo hanno, vorrebbero tanto averlo.

Per tutti quelli che mentre parlano con gli amici messaggiano su msn o con gli sms, o rispondono agli squilli.

Per tutti quelli che si portano il cellulare anche in bagno..non si sa mai.

Per tutti quelli che aggiornano il proprio blog almeno una volta la settimana e che, se non lo fanno, è solo perché tanto non gli risponde nessuno.

Per tutti quelli che se non rispondi ad un loro intervento sul blog  o ad una loro domanda su answers si offendono.

Per tutti quelli che sono dispiaciuti che second life non abbia “preso” in Italia e nel frattempo, si accontentano di habbo.

Per tutti quelli che ogni mattina la prima cosa che fanno è controllare la posta, i messaggi su facebook, netolog, badoo, habbo e linkedin, su anobee e se qualcuno ha votato le proprie risposte su answers.

Per tutti quelli che se iniziano a scrivere con la penna dopo cinque minuti hanno la tendinite.

Per tutti quelli che si lamentano che la mattina le persone lavorino anziché stare su facebook.

Per tutti quelli che ogni tanto…

Potrebbero  pure disconnettersi!

 

Alfonso Artone

il Dizionario del Nonno

 Alfonso Artone recensisce  “il Dizionario del Nonno” del Comm. Dott.  Marcello Rosario Caliman 

Mentre leggevo “il Dizionario del Nonno” non ho potuto fare a meno di intravedere le dita dell’ autore, lo scrittore, diacono e giornalista Marcello Caliman,  pigiare velocemente i tasti del suo pc, mentre i ricordi di una vita gli scorrevano idealmente davanti, come proiettati in un vecchio cinema.  Non ho potuto evitare di interpretare ogni singola frase di quest’opera, avendo in mente Marcello, un uomo che ha sicuramente influenzato la mia vita, come quella di tantissimi altri nel nostro territorio. Famiglia , amici, amore,cultura e  tradizioni, Fede, rispetto e legalità: questo libro parla soprattutto di questi valori, costanti punti di riferimento dell’autore. Mi legano a lui tantissimi ricordi e in questo contesto vorrei condividere quelli che ho in comune con una intera cittadina, o in molti casi addirittura con l’intero golfo di Gaeta: chi di voi è di Scauri e ha passato come me i trent’anni, non può non ricordare con un sorriso le passeggiate ecologiche in bicicletta, le escursioni, le cacce al tesoro, le recite al palazzetto dello sport o all’ex cinema “New York”…tutto un paese aspettava che Marcello, con Italia Nostra, organizzasse qualcosa perché altrimenti a Scauri “non c’era niente da fare”. Naturalmente sono rimasti impressi nella mia mente soprattutto gli eventi in cui mi sentivo maggiormente coinvolto da bambino, quelli forse con una maggiore componente “ludica” appunto: ma anche i miei genitori ed i loro amici adulti, accoglievano sempre con piacere quanto venisse organizzato da lui o dalla sua Associazione. All’epoca ancora non immaginavo che questa figura carismatica avrebbe influenzato alcune mie scelte di vita molto importanti: devo anche a lui in particolare il mio impegno in parrocchia e la voglia di organizzare sempre qualcosa per gli adolescenti che altrimenti non saprebbero cosa fare in un Comune che non offre loro nulla che non sia legato all’iniziativa di privati volenterosi. Le pagine di questo libro quindi descrivono una persona che – nonostante la sua vita decisamente“movimentata” e gli inevitabili errori che egli stesso si rimprovera – ha sempre cercato di spostare il baricentro del suo operato verso avanti, in favore del prossimo: la famiglia, gli amici, ma anche la sua città e la sua terra. Chi Leggerà  il “dizionario del Nonno” scoprirà un Marcello Caliman padre, figlio e marito, prim’ancora che nonno. Un uomo a tutto tondo che – spinto dal desiderio di lasciare il suo testamento  morale al nipote Koen – ha regalato un libro stupendo a tutti noi.  Testimonianza di una vita spesa cercando  di moltiplicare il tempo a propria disposizione in favore del prossimo.

Alcuni temi trasversali percorrono queste pagine e ne rappresentano l’anima: il primo e forse il più importante di questi  è costituito dal binomio “tempo e amore”.  Senza tempo non si riesce ad esplicitare l’amore,  e il tempo per Marcello rappresenta senz’altro il dono dell’Amore divino. Vorrei a tal proposito condividere con voi due frasi entrambe situate a pag. 26, a poche righe di distanza l’una dall’altra. La prima: “come non posso amare il primo essere umano che mi abbia offerto un fiore in vita mia…”.  E poi: “ho imparato con il passare dei giorni che il tempo è un dono dei Signore e va speso bene”. E’ stato dunque sufficiente un attimo , un solo istante, per racchiudere tutto il significato di un sentimento così grande, l’ Amore, che quindi per l’autore è innanzitutto purezza, spontaneità  e semplicità di gesti e di sentimenti.  Ma è la seconda  frase che forse meglio di tutte le altre ci fornisce la chiave di lettura dell’intera opera, nonché la strada maestra che Marcello ha voluto seguire in tutte le scelte di vita: la qualità dell’amore da sola non basta, serve anche la quantità. Chi ama veramente vuole avere tempo da spendere e da dedicare ai’propri cari; e infatti l’autore reclama soprattutto tempo per i suoi nipoti, quelli che riesce a vedere solo di rado ma anche quelli che ha la fortuna di frequentare più spesso.

Nella Bibbia, punto di riferimento di tutta la comunità Cristiana oltre che di Marcello naturalmente, tempo è soprattutto dono di Amore divino: la Creazione infatti, così come ci viene descritta dalle Sacre Scritture coincide con l’inizio del tempo e il dono della vita è Lì inteso come dono di tempo da spendere e da utilizzare per amare il prossimo. Il principio dell’Universo d’altronde anche dal punto di vista scientifico – secondo la  teoria del “big bang” – è l’ istante iniziale prima del quale non esistevano né spazio né tempo;  sono i sentimenti (l’Amore in primis) che caratterizzano e costituiscono l’humus della specie umana. Ritengo dunque che il modo in  cui Caliman vive il Tempo, intriso dell’Amore di Dio, nelle sue varie forme, sia al più bella testimonianza della sua fede cristiana; ad esempio a pag. 30, l’autore ricorda  l’ultimo bacio dato alla nonna sul letto di morte; e a pag. 42 egli chiede scusa ai figli per non aver sfruttato i primi 36 mesi della loro vita – periodo importantissimo per il loro sviluppo – perché troppo preso dalle contingenze lavorative. Marcello reclama  maggior tempo per poter decidere, da sfruttare  o per rimediare a quanto non è riuscito, a suo dire, a fare in passato. In poche parole, desidera con tutto se stesso più tempo per poter amare. L’amore coniugale per Gigliola poi, è una favola legata addirittura ad un solo istante, che l’autore ha saputo cogliere abilmente ; un’occasione sfruttata forse anche cinicamente, ma che lo ha legato a lei per sempre. Amore però per Marcello non può prescindere anche dal contatto fisico, che ricerca insistentemente con tutti i suoi cari: i suoi abbracci, le sue carezze, i suoi teneri  baci al nipote, a mio parere denotano ancor più l’autenticità e la purezza del suo sentimento. Voler bene o meglio amare il prossimo infatti vuol dire forse soprattutto rassicurare: un bambino cerca la mano del genitore, una  persona disperata cerca l’abbraccio dell’amico fidato. Anche l’Amore Biblico di Dio verso l’Uomo d’altronde ha una forte componente “consolatoria”: basti pensare al fatto che nelle Sacre Scritture la frase“non avere paura” in varie forme compare ben 365 volte, tante quanti sono i giorni dell’anno.

Il secondo importante valore ampiamente presente in queste pagine è la  famiglia. A tal proposito,  grande rilievo l’autore  riconosce al concetto di “Gens”, ovvero  tutte le persone con le quali egli ha in comune  buona parte del DNA. “Quando ero ragazzo guardavo con orgoglio alle mie supposte radici storiche” ricorda ad esempio a pag 93 come in tanti altri punti.  Questo tema già oggi normalmente viene catalogato come “obsoleto”, anacronistico:  perché allora Marcello ci ritorna con insistenza in vari punti di questo libro, che suo nipote leggerà con tutta probabilità tra quindici o vent’anni almeno?  Troviamo la risposta a ciò a pagina 138 dove l’autore descrive il suo rammarico nel momento in cui per le vie di Scauri  vede persone – che si definiscono “lontani parenti”- trattarsi freddamente fino al punto di non salutarsi neppure. Per Marcello infatti il  tempo – ancora lui – non dovrebbe spezzare l’amore coniugale che ha generato la vita, anche se molti anni prima. Questo concetto “biologico” di gens non gli impedisce tuttavia di ribadire più volte  il profondo affetto che lo lega alla nuora (si vedano le  “spaghettate” a pag 79) e a suo suocero che considera un secondo padre. Richiesta di tempo dunque, anche quando esprime il suo rammarico per il  figlio Giuliano rimasto a lungo lontano  perché impegnato con l’arma dei Carabinieri. Ricordando quando quest’ultimo poco più che adolescente al momento di arruolarsi stava per cambiare idea  (pag. 79) afferma:  “devo essere sincero: il tempo ha cambiato anche chi scrive e con la sensibilità di oggi –più fragile di una volta-dinanzi alle sue resistenze girerei l’auto e me lo riporterei a casa”.

Non si può dunque comprendere a fondo il “Dizionario del Nonno” prescindendo dalla fede dell’autore che è , come egli stesso afferma non bigotta e non mediata, e trova una sintesi nel  bellissimo Padre Nostro YHWH a pag 175.  “Non so pregare Te tramite i Santi”  dice il Caliman in questa bella poesia, e poi a pag. 193 ribadisce : “non favorirei mai una fede bigotta o contaminata da comportamenti superstiziosi”.  Fede dunque autentica, che desidera fortemente trasmettere all’amato nipote (pag.194) : “Koen deve imparare crescendo a distinguere tra una fede adulta e coerente con i Vangeli e le tante incrostazioni di usanze, credenze e consuetudini che abbiamo creato noi uomini”. Valori, comportamenti e stile  di vita che un genitore ed un nonno può e deve insegnare principalmente con l’esempio: Il bambino che è amato saprà amare ed il Cristianesimo (pag. 197) è proprio la religione dell’Amore.  Da qui, il tema della scuola e dell’insegnamento, molto cari a Caliman non solo per la professione della moglie: “la prima formazione per un essere umano non è l’istituto scolastico, non sono i docenti, anche se i migliori di questo mondo, ma è l’ambiente in cui vive” (pag 145) ed il suo esempio di vita diaconale e di impegno civile, sono sicuramente la miglior scuola che Koen possa desiderare in un percorso di vita e di fede autentica.  Mi ha colpito molto a tal proposito l’immagine del suo piccolo nipote che (pag. 194) , mentre gioca in piazza Rotelli a Scauri, entra nella Chiesa di S. Albina (la parrocchia che io frequento), fa il segno della Croce, e va dritto a baciare il tabernacolo tra le braccia del nonno. Gesti non imposti, ma acquisiti per osmosi dalle persone che lo circondano. Sicuramente suo nipote crescerà avendo ben chiaro un altro fondamentale valore, il rispetto ela legalità, ribadito con forza a pag. 91 ove viene auspicata una “Italia al di sopra dei politici corrotti” e un popolo il cui sentimento nazionale non si limiti ad un inno cantato malvolentieri dai giocatori strapagati della nazionale. Senso della legalità estremo appunto, che lo spinse ad esempio, nonostante l’infortunio al ginocchio subito quando aveva solo quindici anni (pag. 98) ad espletare ugualmente il servizio di leva (pag. 103) nel quale si distinse in particolare per essersi opposto caparbiamente ad episodi di nonnismo (pag. 105) subiti da lui oltre che da tantissime altre reclute. Rispetto è anche del territorio e dell’ambiente in cui si vive: fa riflettere la lettera contenuta a pag. 84, scritta dal capo pellirossa Sealth al Presidente degli Stati Uniti nel 1854 , nella quale vengono ribaditi concetti sorprendentemente “attuali” ma all’epoca poco trattati che riguardano oltre l’ambiente anche e soprattutto la mercificazione spinta del mondo occidentale:  “noi non siamo proprietari della purezza dell’aria e della freschezza dell’acqua..come potete comprarle da noi?”

E’ un libro profondo e coinvolgente, che trabocca della personalità e dell’umanità dell’autore: un uomo in grado di operare, come si suol dire oggi “in multitasking estremo”  desideroso di trasformare ogni singolo istante di tempo a propria disposizione in amore per il prossimo. Mi piace concludere quindi con l’immagine di Marcello che (pag. 118) rallenta questo  ritmo frenetico che ha caratterizzato tutta la sua vita, per costruire castelli di sabbia in riva al mare con l’amato nipote Koen. Mare a cui affida  le toccanti poesie dedicate ai nipoti (pag. 169): messaggi affidati al tempo, e che vogliono restare immuni ad esso.

 

Alfonso Artone