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Minturno – Scauri, ore 6:20 a.m.

Minturno,  una giornata qualunque di maggio, ore 6:20 La stazione di Minturno – Scauri brulica di gente. Una buona parte di questa, prenderà il treno per Napoli Centrale. Facendo un rapido conto, mi sembra di vedere circa 100 persone sul binario, più diverse altre appollaiate sopra le scale. Il treno per Napoli delle 6: 24 è insolitamente puntuale. Anzi, quasi puntuale, poiché porta solo 3 minuti di ritardo. “Siamo in Italia, quindi è in orario” sento qualcuno dire dietro di me, come se mi avesse letto nel pensiero. In ogni caso, arriverà prima del mio treno, previsto per le 6:23 e in ritardo di 5 minuti, così come recita il sito “viaggiatreno” che consulto dal mio cellulare, nella speranza che sia sincronizzato con il database di trenitalia … perché – capita anche questo a noi pendolari – si può perdere un treno perché ci si è fidati dei ritardi dichiarati in tempo reale sul sito “viaggiatreno”. Mai fidarsi dei siti di trenitalia, l’ho imparato sulla mia pelle. La gente sale sul treno per Napoli, che riparte con un po’ di difficoltà alla volta del capoluogo Partenopeo. Restiamo sul binario in sessanta persone circa: avevo sottovalutato i pendolari Romani, evidentemente, oppure qualcun altro è arrivato all’ultimo momento: è prima mattina, qualche minuto di sonno in più, non guasta mai. “Sta arrivando la gente del 6:30” sento dire invece alle mie spalle: era quella la ragione della piccola folla. Il “6:30” o “2380” per i tecnici, è denominato anche il “treno sfigato”. 1 ora e 54 minuti se tutto va bene per arrivare a Roma Termini. Fa tutte, ma davvero tutte le fermate, e viene sorpassato da qualunque treno: una volta anche (non è una battuta) da un treno merci. Accadde  a Torricola, alle porte di Roma, quando già ci sembrava di veder comparire la capitale all’orizzonte. La gran parte dei pendolari presenti sul marciapiede sono insegnanti, ma ci sono anche tanti militari, e diversi altri professionisti. Poi c’è qualche genitore che raggiunge i propri figli a Roma, e qualcun altro, soprattutto anziani,  che raggiunge i propri cari ricoverati negli ospedali della capitale. Il treno che prenderò è il “2416”, ed è uno dei famosi “interregionali” che fermano a Minturno – Scauri da un paio d’anni, grazie ad una petizione che, fortunatamente, ebbe un notevole successo e fu “ascoltata” da chi di dovere. In teoria, con 1 ora e 30 sarò a Roma. Da quando il treno ferma a Minturno, ogni giorno però sembra perdere una carrozza e per questo diventa sempre più affollato. Tra noi pendolari, scherziamo sul fatto che prima o poi vedremo arrivare solo il locomotore cavalcato dal capotreno. Il “2416” passa davanti a noi e i freni stridono. Allunghiamo lo sguardo: sono poche carrozze, tanto per cambiare. Insieme al mio gruppetto di amici pendolari, getto uno sguardo per cercare di capire in quale carrozza ci sono più posti liberi, se ce ne sono. C’eravamo posizionati “lato Napoli” ma, manco a dirlo, qualche posto è nella seconda carrozza “lato Roma”. “Ci sono troppi posti: probabilmente quella carrozza ha qualcosa che non va” scherzo (ma non troppo), con i miei amici, mentre insieme a loro corro verso l’estremità nord del marciapiede, inseguendo i fantomatici posti liberi. “Credo che sia la stessa carrozza di ieri, ha i finestrini rotti” mi risponde uno dei miei amici. Il treno si ferma, ma le porte non si aprono. I colleghi pendolari dall’altra parte del finestrino, ci guardano sconsolati: il treno era puntuale (secondo i canoni Italiani), ma ora, per “colpa” delle porte, resterà fermo alla stazione di Minturno per almeno 10 minuti, passati i quali  finalmente ci farà salire.. Forse. Nel frattempo, inizia a piovere. “Non sono ancora partito per Roma, e già sono stanco” penso tra me e me. Alfonso Artone Pubblicato su Minturnet 

La imprescindibile funzione sociale ed etica delle parrocchie

Propongo alcune considerazioni che ritengo importanti ma anche doverose per la comunità del nostro territorio e per le persone a me vicine, ora che ho deciso di partecipare in prima persona alla competizione elettorale per le amministrative nel Comune di Minturno per cercare di portare avanti quei valori e quei principi che da sempre hanno guidato le mie azioni.
Nel mio curriculum vitae infatti, una parte preponderante mi ha visto impegnato nel sociale, dapprima in alcune associazioni giovanili e società sportive dove ho sempre e con convinzione puntato sul ruolo educativo dello sport, oltre che sul “fair play”, come vera anima della crescita sportiva, sociale ed umana dei giovani; e da una diecina d’anni soprattutto nell’Azione Cattolica, come educatore, animatore e responsabile del settore Ragazzi (ACR) e Famiglie.
È stato in questo percorso che mi sono reso conto della straordinaria importanza, sociale ed etica, che la Parrocchia svolge nell’ambito territoriale e pastorale di competenza; una funzione che i nostri nonni conoscevano bene, ma mi sono purtroppo reso conto che oggi sfugge alla gran parte dei nostri concittadini, soprattutto a causa di una serie di luoghi comuni che stanno prendendo piede per mezzo dei media e dei social network.
Ritengo dunque doveroso approntare un breve résumé, per chi non ne avesse sufficiente cognizione, sul ruolo sociale delle parrocchie.
La parrocchia, come la definisce il Codice di Diritto Canonico (CDC), al canone 515, è una comunità di fedeli costituita nell’ambito di una Chiesa affidata – sotto l’autorità del Vescovo della Diocesi – ad un parroco quale suo pastore. La parrocchia, quindi, gode di personalità giuridica ecclesiastica pubblica: è dunque un soggetto di diritti e di doveri. Ogni parrocchia è affidata alle cure pastorali di un parroco, la cui nomina è condizionata da alcuni princìpi regolati dal suddetto Diritto Canonico. l CDC, al canone 536, prevede che in ogni parrocchia il parroco sia coadiuvato e assistito da un Consiglio pastorale parrocchiale, con valore consultivo, i cui membri sono nominati dal parroco stesso, o sono scelti dalla comunità parrocchiale. Quest’organo ha la funzione di aiutare il parroco nello sviluppare le grandi linee della “pastorale” (cioè della funzione/missione) parrocchiale. In genere è composto da 5 fino a 20 membri.
Tra le funzioni e attività della parrocchia (riporto solo le principali) ci sono quelle di conservare i documenti della “anagrafe ecclesiastica”, la catechesi (cioè l’insegnamento) in preparazione ai sacramenti dell’iniziazione cristiana e la pastorale (cioè: la funzione o attività di tipo religioso) dei bambini e dei ragazzi, ad esempio con attività organizzate dall’Azione Cattolica Ragazzi o con lo scautismo.
Poi v’è tutta la straordinaria attività, non solo ludica, dell’Oratorio, che viene a volte chiamato Centro Giovanile. Esso consiste in un edificio, oppure in un vasto cortile o anche in uno o più ambienti, dove si svolgono le “pastorali” giovanili: in pratica i diversi giochi dei ragazzi con finalità ludiche ed al contempo educative, ma anche riunioni organizzative o religiose. Il nome di oratorio discende infatti dal verbo latino “orare”, cioè pregare, perché inizialmente, quando venne ideato da San Filippo Neri nel 1550, esso era finalizzato al culto e alla preghiera. Poi però, nel corso del tempo, arricchì e diversificò la propria funzione, specialmente con San Giovanni Bosco, a metà dell’800, che ne fece un luogo di aggregazione e di formazione dei giovani non solo religiosa, ma anche sportiva e culturale, e con attività che più tardi, nel tempo, si sono differenziate in altri campi come nella musica, nel teatro ed anche delle sagre giovanili, con una sempre più intensa partecipazione del volontariato.
Oggi, come accade nel nostro comune, molte parrocchie e relativi Oratori hanno aderito ad Associazioni diverse, come l’Azione Cattolica di cui faccio parte, l’ANSPI, il CSI, eccetera, procedendo anche a gemellaggi e a forme di benchmarking (cioè di scambi di visite e di idee) con Oratori ed Associazioni vicini o anche lontani. Molti Centri Giovanili, oratori, ed Associazioni organizzano Campi-scuola, Gruppi Ricreativi, Centri Estivi, e sperimentano addirittura Web-radio o Web-TV; o scambi di informazione e di cultura attraverso Internet.
Personalmente ho partecipato e organizzato numerosissimi di questi incontri ed in particolare i campi scuola estivi, occasione unica ed irripetibile di aggregazione, amicizia, formazione umana e cristiana per le ragazze ed i ragazzi. Ogni campo scuola ha una “mission” che viene condivisa con i genitori ed i ragazzi al momento dell’iscrizione, e tutte le attività ed i giochi sono finalizzati al raggiungimento di quella “mission”, tarata sul cammino intrapreso nei gruppi, ma anche dalla loro particolare età o situazione. Alcuni temi dei campi a cui ho partecipato o che ho organizzato ad esempio sono stati l’amicizia, il rapporto con famiglia, il rispetto dell’ambiente, la scuola.
La crescita e l’importanza di queste iniziative parrocchiali è stata tale che il legislatore “italiano” (cioè non solo quello del Vaticano), sia a livello nazionale che regionale ha riconosciuto la sua funzione educativa e sociale svolta nella comunità locale, rispettivamente con la L.R. n.22 del 23.11.2001; e con la L. n.206 del 01.08.2003, stipulando con gli Enti ecclesiastici della Chiesa cattolica una intesa ai sensi dell’art.8, 3° comma della Costituzione.
Nel nostro comune, fortunatamente, fervono le attività oratoriali, dell’ACG (Azione Cattolica Giovani) e dell’ACR (Azione Cattolica Ragazzi), che mi ha visto nel ruolo di educatore per diversi anni. Nonostante ciò devo constatare con rammarico che alle amministrazioni Comunali che si sono avvicendate alla guida del nostro Comune è spesso mancata la lungimiranza di considerarne il forte ruolo sociale che esse invece meritano. Da quando sono educatore ACR, ma anche nelle associazioni sportive giovanili con le quali ho collaborato, ho sempre sentito i genitori lamentarsi dei pochi spazi sicuri che il Comune mette a disposizione dei ragazzi. Eppure di spazi nel Comune non ne mancano, ma sono spesso in degrado. Così come, partecipando agli incontri culturali, sento spesso lamentarsi della mancanza di adeguati spazi finalizzati alla crescita ed approfondimento culturale. Perché allora non collaborare con le parrocchie e le associazioni, che già operano in questo settore? Perché sprecare soldi in progetti ambiziosi quanto inutili, quando c’è chi già volontariamente dedica il proprio tempo alla crescita culturale, fisica e morale dei nostri figli?
Certamente la Parrocchia, e l’eventuale Centro Giovanile ad essa associato, non può essere considerata né disciplinata come servizio pubblico affidato al Comune, tuttavia ritengo che l’Amministrazione comunale debba prendere atto della grande valenza educativa e sociale della Parrocchia: sostengo dunque con forza e convinzione che – nel programma politico da proporre ai cittadini per le prossime elezioni amministrative – si debbano prevedere forme di collaborazione e di complementari iniziative, con le Parrocchie del nostro territorio (così come in altri settori con le associazioni sportive, culturali e ricreative), favorendo, in un quotidiano partecipato, non solo il recupero di valori etici e di sana aggregazione di bambini e di giovani, ma anche di diversificazione del tempo libero e di formazione culturale.
Quanto sopra, in un contesto in cui la famiglia – nucleo centrale fondamentale non solo del nostro credo cristiano, ma della nostra società – possa riconoscersi, rinsaldarsi e crescere, nel contesto di un Comune che possa riappropriarsi di iniziative e di valori, che il degrado del nostro tempo minaccia di mortificare e soffocare inesorabilmente.

 

A mia moglie Rossella, per i nostri 10 anni insieme

LE FOTO CHE NON SONO MAI STATE SCATTATE(07/04/2001 – 07/04/2011)

 

Cara Rossella,

Come sai le poesie non sono il mio forte…preferisco i racconti! Certo è, che per festeggiare questi dieci anni passati insieme mi sarebbe davvero piaciuto poterti dedicare alcuni versi, che non fossero in rima baciata, e che nella semplicità del linguaggio avessero saputo racchiudere la complessità del nostro amore. Versi degni di essere riletti da te qualche altra volta dopo la prima. Scriverti una storia, sarebbe stato per me più agevole: soprattutto in questo caso poiché amo il soggetto. Mi sono reso subito conto però, che trovare parole sufficientemente vive per rappresentare il nostro legame, è impresa davvero ardua: ciò che ho vissuto in questi dieci anni in cui sono cresciuto, sono migliorato e soprattutto ho imparato ad amare, difficilmente si può sintetizzare in qualche riga. E sarebbe stato anche inutile raccontare minuziosamente tutti i centoventi mesi, i tremilaseicentocinquantaduegiorni, e le ottantamilaseicentoquarantotto ore che ci hanno tenuti insieme: la vera bellezza della nostra unione, si sarebbe persa in un fiume di caratteri. Allora ho pensato di fare qualcosa di più semplice: ti mostrerò come sto vedendo questo nostro anniversario di fidanzamento. Da quando infatti ho realizzato che la data del sette aprile si stava avvicinando, nella mia mente hanno iniziato a scorrere tante immagini, che da buon informatico avevo avuto cura di salvare in una cartella protetta della mia anima. Immagini che ora in queste poche righe, proverò guardare insieme a te,  proiettandole a slide show, nello schermo tridimensionale dei nostri ricordi.

Play. La prima di queste diapositive mostra un tavolino situato davanti ad una vetrata di un bar, in uno sperduto centro commerciale del basso Lazio: lì seduti, un ragazzo ed una ragazza parlano cercando di nascondere entrambi un sorriso imbarazzato. E’ stata scattata nel pomeriggio piovoso del sette aprile duemilauno. Poi la sequenza passa ad una scogliera in riva al mare, piena di sorprese, come i passi incerti dei due innamorati che la percorrono solitari, mentre si stanno promettendo amore eterno. La proiezione poi sfuma su una festa in una villa Romana, dove un ballerino cubano anima la serata, senza avere la più pallida idea delle storie e dei dubbi che si intrecciano tra la folla che lo ammira danzare, leggero come una piuma. Poi vi è una immagine buffa dove si scorgono alcuni cordon bleu bruciati nel forno a gas della casa sulla Tuscolana che tu, Rossella, condividevi con alcune amiche. La sequenza passa a me, giovane ragazzo, intento in una telefonata fuori ad uno stabilimento balneare, di sera, seduto solitario su un muretto, mentre il resto degli amici si trova qualche metro più in la. Ricordo che la nostra chiacchierata durò oltre due ore: ma appena terminata, mi accorsi inaspettatamente che avevo ancora tante cose da dirti. Lo slide show prosegue quindi con le immagini di noi due, abbracciati, davanti ala nostra lista di nozze, immaginando come sarà la nostra casa ed il nostro futuro, certo nonostante le mille incognite. E poi vedo quattro labbra sorridenti pronunciare il sì, davanti all’altare di una Chiesa piena di amore, lo stesso che riempie oggi casa nostra. A questa, seguono le tante immagini dei primi anni di matrimonio, che sono stati il nostro secondo fidanzamento. Gli anni delle uscite spensierate, delle giornate improvvisate e dell’anarchia più completa dominata dalla nostra passione. Infine vedo le lunghe ciglia di Valeria e David spuntare fuori dal tuo grembo, e le nostre lacrime di gioia. Due figli tanto voluti quanto miracolosamente inaspettati che hanno completato la nostra esistenza e hanno dato un nuovo senso alle nostre vite unite. Era l’ultima diapositiva, ma le potremo rivedere tutte le volte che vorrai: basta utilizzare come player il nostro amore, ignaro di tutti i limiti umani e degli inevitabili attriti, non legato a nulla di razionale o progettuale. Un amore fondato sulla certezza della volontà di aver trovato entrambi la persona a cui eravamo destinati.

Stop. Il software celebrale mi ignora e lo slide show ricomincia daccapo. Mi soffermo sulla prima diapositiva e resto sorpreso: solo ora mi accorgo, che tutte le immagini seguenti, erano  già racchiuse in quei sorrisi imbarazzati di una giovane coppia, seduta in uno sperduto centro commerciale del basso Lazio.

Scauri 06/04/2011

Alfonso Artone